Siamo nel dopoguerra, sono iniziati i processi contro i nazisti e l’aspettativa di vedere a ogni costo dei mostri inumati seduti in un’aula di tribunale non viene pienamente soddisfatta, le “persone cattive” che tutti noi vorremmo ben identificabili come nei film o nei cartoni animati, non sono poi così diverse da noi.
Eichmann, considerato uno dei maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei afferma durante il processo “ho solo eseguito gli ordini”, la frase è ovviamente shock, come è possibile che abbia semplicemente eseguito gli ordini che gli venivano dati, senza mai disobbedire di fronte all’orrore di ciò che gli stavano chiedendo?
Nell’ottica di capire quanto l’obbedienza all’autorità sia incisiva nelle decisioni altrui, Milgram nel 1961 inizia una serie di esperimenti.
I partecipanti vengono reclutati attraverso un annuncio sul giornale cittadino nel quale si richiedono soggetti maschili interessati a prender parte a un esperimento sulla memoria e sull’apprendimento.
L’esperimento prevedeva tre figure: l’insegnante (il partecipante volontario dell’esperimento), l’allievo (un attore complice degli sperimentatori) e lo sperimentatore (anch’esso un attore complice degli sperimentatori con il compito di impartire gli ordini all’insegnante).
Lo sperimentatore a inizio esperimento informa l’allievo e l’insegnante che si tratta di un’indagine volta a studiare gli effetti delle punizioni sull’apprendimento.
L’allievo viene portato in una stanza, fatto sedere e gli vengono legate le mani adducendo motivi di sicurezza, ma in realtà per rendere evidente la mancanza di libertà di azione e gli viene applicato un elettrodo sul polso.
L’allievo deve imparare una serie di coppie di parole, se risponde in modo esatto si passa alla serie successiva, ma a ogni errore riceve una scossa elettrica di intensità crescente.
L’insegnante, unico vero soggetto sperimentale, ha il compito di leggere le parole all’allievo e di somministrare le scosse a ogni errore, a tal scopo viene fatto sedere di fronte a un falso generatore di corrente, con una serie di levette con intensità differenti dai 15 ai 450 volt, graduate in misura crescente di 15 volt, sotto ogni gruppo di quattro interruttori, ci sono delle etichette con le indicazioni della gravità della scossa: “scossa leggera”, “scossa media”, “scossa forte”, “scossa molto forte”, “scossa intensa”, “scossa molto intensa”, “attenzione: scossa pericolosa” e per finire “XXX”. A dimostrazione della realtà delle scosse viene somministrata a ogni insegnante una scossa di prova di 45 volt. L’allievo ovviamente non subisce alcuna scossa, ma l’insegnante in questo modo è convinto di procurare una sofferenza reale.
Lo sperimentatore ha il compito di incoraggiare l’insegnante a proseguire l’esperimento e per farlo ha a disposizione 4 tipi di incitamento:
- Incitamento 1: «Per piacere, continui» e «Prego, vada avanti»
- Incitamento 2: «L’esperimento richiede che lei continui»
- Incitamento 3: «È assolutamente necessario che lei continui»
- Incitamento 4: «Non ha altra scelta, deve continuare»
Se il primo incitamento non è sufficiente, si passa al secondo e così via fino al quarto, se l’insegnate si rifiuta di continuare l’esperimento anche dopo il quarto incitamento, allora la prova si può dichiarare conclusa.
Se l’insegnante esprime preoccupazione per le conseguenze delle scosse che sta somministrando, lo sperimentatore risponde: “Anche se le scosse possono essere dolorose, non provocano lesioni permanenti ai tessuti”, se invece l’insegnante fa notare che l’allievo non vuole più proseguire, lo sperimentatore deve rispondere: “Piaccia o non piaccia all’allievo, lei deve continuare fino a fargli imparare correttamente tutte le coppie di parole. Quindi, per favore, vada avanti”.
L’allievo durante l’esperimento inizia a lamentarsi via via sempre di più: dai 75 ai 105 volt emette un piccolo verso, ai 120 volt, l’allievo grida che le scosse stanno diventando dolorose, ai 135 volt emette gemiti di dolore e, a 150, l’allievo urla: “Sperimentatore, fatemi uscire di qui! Non voglio più continuare l’esperimento! Mi rifiuto di andare avanti!”. Alle scosse successive l’allievo urla sempre di più, arrivato ai 180 volt, grida: “Non ce la faccio più a sopportare il dolore!” e ai 270 volt emette un grido straziante. A 300 volt, l’allievo grida disperatamente che non vuole dare altre risposte, ma ogni non risposta deve essere considerata come un errore. Dopo i 330 volt, l’allievo smette di parlare e di gridare, c’è solo il silenzio.
Milgram ha sperimentato diversi paradigmi per valutare quali forze entrassero in gioco per favorire o sfavorire l’obbedienza.
Paradigma 1 (Distanza): il soggetto non vede e non sente l’allievo
Paradigma 2 (Reazione vocale): il soggetto sente, ma non vede l’allievo
Paradigma 3 (Vicinanza): l’allievo e il soggetto sono nella stessa stanza
Paradigma 4 (Contatto fisico): allievo e soggetto sono nella stessa stanza e l’allievo deve tenere una mano su una piastra metallica per ricevere le scosse, se non mette la mano sulla piastra, il soggetto gliela deve riposizionare.
Nel Paradigma 1 e 2 più del 60% dei soggetti arrivava a fine esperimento sottoponendo l’allievo alla scossa di 450 volt, nel Paradigma 3 il 40% concludeva l’esperimento e nel Paradigma 4 il 30%.
Si può quindi notare che la presenza del soggetto nella sua fisicità provoca una riduzione del livello di obbedienza, risulta comunque agghiacciante riscontrare che tra un terzo e i due terzi dei soggetti hanno somministrato una scossa mortale solo per rispondere a degli ordini.
Milgram ha poi sperimentato altre varianti dell’esperimento:
Paradigma 5: l’allievo menziona problemi cardiaci di cui soffre durante la somministrazione delle scosse
Paradigma 6: lo sperimentatore mostra modi gentili e l’allievo appare rude e aggressivo
Paradigma 7: lo sperimentatore dà gli ordini per via telefonica lontano dal soggetto
Paradigma 8: i soggetti sperimentati (gli insegnanti) sono donne
Paradigma 9: l’allievo comunica i suoi problemi cardiaci prima di iniziare l’esperimento e chiede che questo venga interrotto alla sua richiesta
Paradigma 10: l’esperimento non viene condotto in un laboratorio universitario, ma in un palazzo industriale
Paradigma 11: i soggetti possono scegliere l’intensità della scossa
I risultati: le donne hanno un livello di obbedienza pari agli uomini e l’accenno ai disturbi cardiaci del Paradigma 5 non modifica i livelli di obbedienza, ma quando l’allievo chiede prima di iniziare che dati i suoi problemi cardiaci l’esperimento si interrompa alla sua richiesta come nel Paradigma 9, la disobbedienza è più alta. Nel caso di uno sperimentatore dall’aspetto più mite (Paradigma 6) o del contesto non istituzionale (Paradigma 10) l’obbedienza diminuisce lievemente.
La disobbedienza maggiore avviene solamente quando lo sperimentatore non è presente (Paradigma 7), sembra quindi fondamentale che l’autorità sia ben evidente per aumentare l’obbedienza e, in effetti, quando è lo sperimentatore a imporre ai soggetti di non dare più scosse, tutti i soggetti si fermano. In prove successive si è dimostrato che l’assenza dello sperimentatore, anche in presenza di un suo complice (Paradigma 13), riduce drasticamente il livello di obbedienza, mentre quando sono presenti due autorità (Paradigma 16), una parte dei soggetti obbedirà alla prima, mentre l’altra alla seconda.
Perché succede questo, perché le persone arrivano a dare scosse mortali per rispondere a un ordine?
Un soggetto che viene a far parte di un sistema di autorità non si ritiene più libero di agire di sua iniziativa, ma si ritiene uno strumento della volontà altrui, delegando di fatto la sua responsabilità alla persona che gli impartisce degli ordini.